Maffeo Marinelli è un omarello, vive tutt'ora a Pesaro ed è nato nell'entroterra, nella zona di Pieve di Cagna. Ha scritto, non è un vero e proprio libro, sono piuttosto dei fogli rilegati:
"La Mia Vita".
Pretenzioso, sembrerebbe. Ma si è presentato a me con una urgenza di raccontare mista a quella come di sgravarsi, spiegare, togliere un peso, smacchiare, non la coscienza che quella ci vuole tanto tempo che non basta, quanto l'anima.
Ai tempi della guerra era un giovane partigiano, non di quelli pericolosi, si intende, con poche mansioni effettive e non tanto da guerriglia. Era accampato nel Monte della Luna, in zona Cerqueto Buono, e sapendo che aveva la madre malata un suo superiore gli diede il permesso e un cavallo per andare a trovarla.
Maffeo sarebbe voluto partire così come era, con il mitra addosso, ma il superiore gli disse meglio di no, che per la sua incolumità sarebbe stato meglio non farsi vedere con il mitra e gli consigliò di prendere due bombe a mano "balilla" comunque per sicurezza.
Racconta che poi, tornato a casa ebbe modo di salutare anche la fidanzata, Ada Ceccarini, con la quale si sarebbe sposato, stando settanta anni insieme.
Ritornando in Formazione si era fatto tardi e stava per imbrunire, nel territorio di Sassocorvaro, alla Madonna del Mozzicone, si trova di fronte un carabiniere che si spaventa subito alla sua vista, e anche Maffeo si impaurisce e si nasconde in un greppo lì vicino. Il carabiniere, però dice, è quello che forse si spaventa di più e allora spara due colpi con la pistola, Maffeo, ancora nascosto, senza guardare tira le due bombe a mano in direzione degli spari. Dopo i boati non sente più nulla, si alza piano piano, cerca di guardare e vede qualcosa di indefinito, tra la confusione e lo scuro, senza rendersi conto di quello che era successo esce dal riparo, scende dal greppo e trova il carabiniere a terra morto.
Dopo due anni, i carabinieri lo vanno a prelevare, ma Maffeo, anche grazie al suo comandante, riesce a dimostrare che la sua era stata una azione di difesa. E il fatto viene catalogato come episodio di guerra, ma chiaramente è una cosa grave, che è rimasta dentro di lui, ogni volta che ne parla piange.
"Non mi sento un assassino perché ho difeso la mia vita, non è una disgrazia, è una cosa che non doveva mai capitare. Appena successo il fatto ho raccontato cosa era successo al mio comandante e lui mi rispose: - guarda che quel carabiniere voleva addirittura venire con noi partigiani...
al che io mi sono sentito ancora più male, da quanto era assurdo tutto quanto."